L'Aquila: quello che ho visto e ascoltato

L’Aquila: quello che ho visto e ascoltato

Le città dopo i bombardamenti devono essere così.

Sono arrivata subito in Ospedale, Maria Vittoria è il vice Direttore Sanitario...le ho portato cose. Il suo ufficio sono alcuni fogli dove scrive a mano. La rabbia sua e degli altri medici è che "quello", poteva essere la risorsa del terremoto, il punto di riferimento per tutti, ci sono tantissimi spazi. Invece no, l'Ospedale dell'Aquila è diventato il "problema" del terremoto.
Sono avviliti. Ma anche tranquilli. Cercano di coordinare con i carabinieri e la protezione civile tutto quanto. Con Davide vado a fare il giro della città bombardata, prima la parte nuova cresciuta intorno al centro. Poi vado in centro, per non disturbare mi accodo ad alcuni tecnici che vanno a fare un giro. Le case del centro sembrano tanti scheletri inquietanti, molte sono in piedi minacciose, precarie. E' deserto e ho la sensazione netta (ce l'ha soprattutto la protezione civile) che i palazzi, i monumenti, potrebbero crollare da un momento all'altro. Cammino veloce e non mi addentro nei vicoli. Faccio qualche foto, ma mi sento una ladra. Silenzio e macerie.
Scappo via dal centro. Scendo da via XX settembre e arrivo a Piazza d'Armi, a una delle tendopoli. Dove c'era il campo d'atletica di noi isefini. Mangiano. Incontro tante persone che conosco, giro per conto mio e raccolgo la rabbia, la lucidità, la voglia di ripartire, la paura di essere abbandonati. Incontro gli psicologi che mi spiegano di cosa hanno bisogno. Nel campo le cose cominciano a marciare, arrivano le docce e il riscaldamento.
Ritorno in ospedale, alle cinque di nuovo una scossa, forte. Ma siamo in mezzo la strada. Io non me ne accorgo, loro sentono tutto. hanno il sospetto di ballare sempre ormai, che la loro terra sotto i piedi tremi sempre. E' vero. Sono precari dentro e fuori.
Prendo il fardello di tutto quello che ho visto e sentito e lo porto con me.

Il problema adesso è che devono ricominciare a vivere subito. Deve ricominciare la vita.

E' questa la loro grande sfida, più grande delle montagne intorno.

E noi da fuori dobbiamo essere gli "sherpa" che li accompagnano.

Paola Concia

Paola Concia

Abruzzese di nascita, mi sono laureata presso La Facoltà di Scienze Motorie de L'Aquila. Il mio impegno in politica ha avuto inizio negli anni ottanta nel Partito Comunista Italiano, poi nei Democratici di Sinistra e in seguito nel Pd, di cui attualmente sono membro della Direzione Nazionale.

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