La Treccani "riconosce" le unioni di fatto

La Treccani “riconosce” le unioni di fatto

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Trascrivo qui l'articolo con cui La Repubblica annuncia che persino la Treccani registra la necessità di adeguarsi alla realtà con un riconoscimento giuridico delle unioni di fatto.
La cultura, a quanto pare, è più avanti della politica.

ROMA - Andate alla voce "matrimonio" della Treccani e scoprirete che mentre il Parlamento italiano è ancora incartato tra ex Pacs, ex Dico, ora Cus (Contratti di Unione solidale), la Grande Enciclopedia Italiana ha già fatto i conti con la realtà, e con il dibattito europeo, decretando che il "riconoscimento giuridico" e la tutela delle unioni di fatto rispondono, "in uno Stato laico e democratico, a basilari principi di equità sociale".

Apriti cielo, secondo il centrodestra, anche la Treccani è passata col nemico. È bastato che le agenzie di stampa riportassero ampi stralci della recentissima voce curata da Alessandra De Rose, per la settima appendice all'Enciclopedia (aggiornamento in due volumi diretto dal filosofo Tullio Gregory), ed ecco partire un imbarazzante fuoco di sbarramento proveniente soprattutto dalle trincee di Forza Italia e dell'Udc.

I curatori l'hanno spiegato chiaramente: non avevano, e non hanno, nessuna intenzione, parlando di coppie di fatto, "di intaccare in alcun modo l'istituto del matrimonio e il principio del favor matrimonii", la loro è una autorevole presa d'atto dei tempi che cambiano. Il matrimonio, visto dalla Treccani (ma anche da tutti i laici di questo Paese), non è l'unica "modalità prevalente di vita di coppia", come lo è stato fino alla metà del XX secolo. Col passare degli anni, leggiamo sulla Treccani, "la posizione di monopolio" è andata incrinandosi. Semplicemente si sono affermate forme "di costituzione della famiglia" diverse.

La Treccani fornisce le cifre: le unioni di fatto sono passate dall'1,8 per cento (biennio '94-'95) al 3,6 per cento del totale delle coppie nel 2001. Dati oggettivi, fenomeno sotto gli occhi di tutti come lo è, sottolinea l'Enciclopedia, la constatazione che solo pochi Paesi, tra cui l'Italia, sono indietro nel cammino di riconoscimento pubblico della famiglia di fatto con l'equiparazione giuridica alla famiglia di diritto, ossia quella fondata sul matrimonio. Analisi peraltro cauta che considera "lontana e, forse, considerate le condizioni sociali e culturali, neanche opportuna, l'introduzione di istituti "sconvolgenti" come il matrimonio tra gay".

Eppure, Isabella Bertolini, fedelissima del pluriammogliato Berlusconi, strilla indignata: "Anche la Treccani è diventata strumento di propaganda!". Le danno man forte Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera, che parla di "una scelta fuori luogo fatta dall'Istituto diretto dal professor Francesco Casavola" e il forzista Maurizio Lupi, convinto di trovarsi di fronte ad una tipico caso di "genuflessione al laicismo".

Barbara Pollastrini, ministro per le Pari Opportunità, in riunione con i suoi collaboratori, legge le dichiarazioni e si limita ad un commento amaro: "Ancora una volta la cultura e la società sono più avanti della politica e delle istituzioni, nell'analisi del senso comune, nella visione della società. Dobbiamo essere noi a colmare questo ritardo". Rina Gagliardi, senatrice di Rifondazione, sorride dell'indignazione degli avversari, di quel sospetto di una Treccani addirittura "comunista": "L'Enciclopedia fa il suo dovere, registra la realtà. Certo, alle gerarchie ecclesiastiche e ai teodem piacerebbe che rimanesse ferma al Medioevo".

È sera quando, negli uffici dell'Enciclopedia, arrivano telefonate, richieste di commento. Sconcerto, imbarazzo, fastidio. Il professor Gregory liquida il surreale polverone: "Noi al servizio della propaganda? Respingo queste accuse al mittente. Noi garantiamo sempre il massimo livello scientifico e siamo sempre e solo al servizio della cultura".

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