Il mio intervento di oggi all'Assemblea Nazionale dei Mille

Il mio intervento di oggi all’Assemblea Nazionale dei Mille

imille.jpgSono Manager Sportiva e nel gennaio 2006 a 43 anni, ho avuto l’incarico più importante della mia carriera. Sono diventata Presidente di una Azienda Pubblica della Regione Lazio – L’Agensport . E’ stata una grandissima soddisfazione per una che come me - ha fatto sempre un lavoro che amava e ha avuto sempre la passione politica e civile.Ho avuto finalmente l’occasione di tenere insieme lo sport e l’impegno politico e civile, la voglia di cambiare il mondo. Nei primi giorni del mio incarico sono “incappata” in una poesia di Emily Dickinson che recita così: “Non conosciamo mai la nostra altezza / finché non siamo chiamati ad alzarci / E se siamo fedeli al nostro compito / arriva la cielo la nostra statura / L’eroismo che allora recitiamo / sarebbe quotidiano se noi stessi / non ci incurvassimo di cubiti  / per paura di essere dei re”. Copiai questa poesia ne feci un quadro che misi sulla mia scrivania, in modo da poterla leggere tutte le mattine. O quando ne sentivo il bisogno.La vita in passato mi ha chiamata più volte ad alzarmi, ma la consapevolezza che “la tua ipotetica altezza si misura quando sei di fronte ad una prova importante” l’ho avuta solo allora. E’ stato un brivido e una vertigine. Da quel gennaio 2006 è stato un susseguirsi (devo dire) di prove, molto impegnative sul piano personale e su quello professionale. Fino ad arrivare a quella di oggi, l’esperienza di parlamentare. Perché (vi chiederete) questa lungo racconto personale? Perché io riesco a fare politica e a vivere soltanto PARTENDO DA ME. Dalla mia vita e da quello che mi racconta nel rapporto con gli altri e con il mondo. Ho sempre avuto una grande ambizione nelle cose che ho fatto. Non mi sono mai accontentata di “gestire l’esistente”. Non mi è mai bastato. E, soprattutto, non mi ha mai appassionato. Antica passione femminile. Oggi tutti ci troviamo a vivere nel nostro paese un’epoca in cui chi sente il desiderio di impegnarsi per rendere migliore questo paese (e noi che siamo qui evidentemente da questo desiderio siamo mossi) è chiamato ad una responsabilità. E’ arrivato il nostro tempo. Siamo chiamati ad alzarci. Ma questo accade senza che nessuno ci debba dare il permesso di farlo. Senza che nessuno ci debba autorizzare. Il nostro tempo è arrivato e basta. E’ il tempo che la storia ci ha assegnato. E’ questo il tempo, è questo il paese, è questa la realtà in cui siamo chiamati a svolgere un ruolo. E’ accaduto a tutte le generazioni. Il primo passo è quello di agire senza che suoni la campanella o qualcuno dia lo sparo di inizio. Non ci sono calci di inizio. Non c’è un giorno in cui ti viene detto “vai!”. Non è il tempo dei cubiti, di chi si accascia su se stesso, per paura di essere un re. Non è il tempo di chi cerca nella mancata autorizzazione paterna o materna la scusa di non avere la forza o la capacità di andare. Ma per saperne scrivere una nuova bisogna usare un altro linguaggio e tracciare altre strade. Il PD mi ha affascinato per questo: perché è l’occasione per me e per altr* per poter scrivere una nuova storia. Lasciare la via vecchia per la nuova fa paura. Noi, allora, dobbiamo avere il coraggio di costruire un modo nuovo di fare politica per raggiungere un obiettivo alto (perché è a questo che ci chiama il nostro tempo): quello di rendere questo paese una COMUNITA’. E’ questo l’obiettivo mai raggiunto, forse, dall’Italia. E’ una parola antica/ ma per noi sconosciuta. E’ questo quello che manca a noi e che altri paesi hanno. Fortunatamente frequento da qualche tempo la Germania. Loro hanno il senso della comunità, di cosa sia il bene comune. Ce lo hanno loro, ce lo hanno gli Spagnoli, ce lo hanno gli Inglesi, i Francesi. Anche per questo sono più avanti di noi. Raggiungere questo obiettivo significa far crescere questo paese: sotto il profilo economico e sociale. Tutto ne consegue. Come? Noi possiamo partire da qui, facendo diventare il PD una comunità. Siamo noi i primi sperimentatori di noi stessi. Altrimenti, se non siamo in grado di scrivere un’altra storia, e percorriamo quella di sempre, altri la sapranno scrivere meglio di noi. E’ molto difficile non crediate, è difficile per tutti noi perché non siamo abituati, non ne conosciamo il percorso. Ma secondo me si può diventare classe dirigente oggi in Italia solo così: costruendo una COMUNITA’. La comunità non è di uguali, ma è una comunità di diversi che mettono insieme il bene comune. Il bene comune comporta il rispetto di regole che permettono a tutti di stare dentro. DIRITTI E DOVERI. CIRCOLI VIRTUOSI.  Vi chiedo questo, per concludere, chiedo a voi di lavorare insieme a questo progetto ambizioso/ perché come dice Irene Tinagli nel suo bellissimo libro: “nella vita non è solo importante realizzare i propri sogni, ma contribuire alla realizzazione dei sogni degli altri”. 

Paola Concia

Paola Concia

Abruzzese di nascita, mi sono laureata presso La Facoltà di Scienze Motorie de L'Aquila. Il mio impegno in politica ha avuto inizio negli anni ottanta nel Partito Comunista Italiano, poi nei Democratici di Sinistra e in seguito nel Pd, di cui attualmente sono membro della Direzione Nazionale.

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