Cervelli in fuga dal PD...

Cervelli in fuga dal PD…

La mia risposta alle dimissioni di Irene Tinagli, pubblicata oggi da Il Riformista, a pag.4.

CERVELLI IN FUGA DAL PD PARTITO AUTOREFERENZIALE

Ho conosciuto Irene Tinagli alcuni anni fa, quando uscì in Italia il libro di Richard Florida “L'ascesa della nuova classe creativa”, che divenne subito un libro culto per le cose che diceva, per la forza innovatrice, per le idee lungimiranti e per quella teoria assolutamente eccentrica sulle “società inclusive”. Secondo Florida, le società del futuro sono quelle che hanno la forza e il coraggio di investire sui nuovi soggetti della cittadinanza (le donne in primis, gli immigrati, i giovani e gli omosessuali); quelle società sono più ricche non solo socialmente ma, innanzitutto, economicamente. Ecco la novità, non più mera rivendicazione di diritti per soggetti “esclusi” dalla cittadinanza, ma finalmente soggetti portatori di un valore aggiunto: il valore economico delle società che includono. Una vera boccata d'aria per chi, come me, ha sempre condotto la battaglia sui diritti civili coniugandola con un'idea di società, mai come un corpo estraneo. Irene Tinagli collaborò a quel libro di Florida con un capitolo bellissimo, lucido e spietato sull'Europa e sull'Italia. Sono riuscita a mettermi in contatto con lei via email ed abbiamo parlato molto del suo lavoro di economista, delle sue ricerche, dell'Italia. Un giorno ci siamo incontrate. Vittima dello stereotipo, mi aspettavo di incontrare una “babbiona”. Sbagliavo, ovviamente. Irene Tinagli è una brillantissima giovane donna, intelligente, acuta, secchiona ma ironica. Lucida, come le sue ricerche e con grandissima energia e voglia di mettersi in gioco, di rischiare. L'ho incontrata con Marco, suo marito, altro economista, che vive e lavora a Parigi, dove insegna in una grande università francese. Lei in America, lui in Europa. Si sono affannati a dirmi che sono felici così, che va tutto bene, che la loro vita è fantastica, sempre in giro per il mondo. Me lo dicevano con il sorriso sulle labbra e con gli occhi tristi. Quando il Pd stava nascendo, sono stata tra quelle che ha insistito per averla con noi dall'inizio. Lei era scettica (giustamente), vive all'estero ed ha una idea della politica molto pragmatica ed essenziale. E non si fidava. Le ho detto tante volte che lei incarnava quello che il Pd avrebbe dovuto essere. Che il PD ha bisogno di gente come lei, e non viceversa. Abbiamo bisogno di donne e uomini come lei, come dell'aria che respiriamo. Era da tempo che la Tinagli era in sofferenza, dall'America mi mandava lettere incredule, arrabbiate, perché non capiva la ragione per cui l'avessimo coinvolta. “Che ci sto a fare? Sono una che sta dove c'è bisogno, dove può dare il suo contributo di idee, questo faccio nella vita, faccio la studiosa, l'economista”. Le chiedevo ogni volta di aspettare. Di avere pazienza. Fino a ieri, quando mi ha annunciato di avere mandato una lettera in cui si dimette dalla Direzione del PD. Non l'ho trattenuta. Ieri non avevo argomenti. Sarebbe troppo facile per me interrogarmi su un Partito che trattiene la Binetti e fa scappare la Tinagli. Lo dico con grande serenità, non voglio “cacciare” Paola Binetti dal PD, sono sufficientemente immune da antiche consuetudini. Credo che la cultura politica di Paola Binetti sia lontana da quella del Pd. Opinione personale. Nello stesso tempo, purtroppo, la cultura politica di questo PD è lontana da Irene Tinagli. Nessuno forse in questi giorni tra il gruppo dirigente del partito si accorgerà che la Tinagli ha sbattuto la porta. Oppure, qualcuno farà spallucce, additandola come una impolitica. Già me li sento. Di certo non sprecheranno le loro energie a trattenerla. E’ questa la cosa grave, è questa la malattia di cui siamo malati noi del PD: l’assoluta autoreferenzialità. Obama, non Obama, lasciamolo stare dove sta quel ragazzo coraggioso e per favore non lo tiriamo per la giacchetta, è imbarazzante. Mi basterebbe un solo gesto di coraggio: che i miei amici del Pd ammettessero che oggi non c’è posto per Irene Tinagli, che ripassi più in là, oggi ci dobbiamo occupare di Villari, capirà.

Paola Concia

Paola Concia

Abruzzese di nascita, mi sono laureata presso La Facoltà di Scienze Motorie de L'Aquila. Il mio impegno in politica ha avuto inizio negli anni ottanta nel Partito Comunista Italiano, poi nei Democratici di Sinistra e in seguito nel Pd, di cui attualmente sono membro della Direzione Nazionale.

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