Sono stata nominata relatrice sulle unioni civili nella Commissione Diritti del PD. Questa la mia relazione. Giudicate voi.

Sono stata nominata relatrice sulle unioni civili nella Commissione Diritti del PD. Questa la mia relazione. Giudicate voi.

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COMITATO DIRITTI DEL PD

Roma 10 Marzo 2011

Anna Paola Concia - Relazione sulle Unioni Civili

Era il 1988 quando si depositò in Parlamento la prima proposta di legge della deputata socialista Alma Cappiello dal nome significativo rispetto al dibattito odierno (Disciplina della Famiglia di fatto) che voleva legiferare sul tema dei diritti delle coppie di fatto, anche omosessuali. Da allora non è cambiato nulla. Una battaglia che dura da 23 anni: per un paese democratico e civile è un periodo decisamente troppo lungo.

Questa non è una battaglia di una parte del paese contro un'altra. E’ una battaglia per un idea di società più moderna e più solidale per tutti.

La sfida che abbiamo di fronte noi che cerchiamo di trovare una sintesi in questo Comitato Diritti del PD è di fare una mediazione alta, in cui tutti si possano riconoscere. E mediazione c’è quando è applicata da entrambe le parti, non a senso unico.

Un partito come il nostro che ha l’ambizione di essere il motore dell’innovazione e che non ha paura del futuro, non può essere innovatore soltanto in certi settori e non sui diritti.

I Paesi più evoluti sono quelli che tengono insieme diritti sociali e diritti civili, senza un ordine di priorità, perché una società aperta alle differenze, è una società più ricca economicamente e socialmente
Questo approccio viene praticato in tutta Europa e nelle democrazie evolute non soltanto dai progressisti, ma anche dalle forze conservatrici e del partito popolare europeo come nei casi di Germania Francia e Inghilterra.

I diritti civili non vanno considerati come diritti a parte, ma come parte di un idea di società. In quei paesi, non vengono ritenuti una vittoria di parte, ma una vittoria di tutti, una vittoria dei diritti.

Noi che siamo il partito più europeista nel parlamento italiano, noi che abbiamo creduto nell’idea di un Europa forte e integrata, non possiamo prendere come modello l’Europa solamente quando ci conviene.

Dei paesi  fondatori dell’Ue, siamo gli unici a non avere una legislazione al riguardo. Nell’Europa a due velocità su questi temi noi facciamo parte del gruppo di paesi come la Grecia o gli stati dell’Est,  paesi considerati molto deficitari sui diritti umani, paesi che provengono da un storia di non democrazia. Io credo che il primo punto su cui dobbiamo essere tutti d’accordo è che i nostri modelli di riferimento con cui misurarci, non possono essere la Polonia o la Romania, ma la Germania, l’Inghilterra, la Francia (sto prendendo ad esempio tre paesi conservatori e non la Spagna, e questo mi pare sia evidentemente un problema per noi). Infatti nei paesi sopracitati i partiti progressisti, che consideriamo fratelli, con i quali abbiamo fatto un gruppo parlamentare unico nel parlamento europeo (ASDE) hanno sempre avuto posizioni molto più avanzate della nostre.

Quello che in Italia ad alcuni pare collidere con la storia, ha già in realtà una sua storia a livello europeo, che non ha affatto provocato cataclismi sociali, anzi il contrario.

In allegato la Scheda sulla legislazione europea nei singoli paesi in tema di unioni civili e/o matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Ricordo che le istituzioni comunitarie hanno già proceduto più di una volta ad invitare l’Italia a riconoscere i diritti fondamentali alle coppie omosessuali.

Nell'Unione Europea, infatti, la questione delle unioni civili è entrata spesso a far parte di direttive riguardanti uno dei principi cardine dell'UE: tutti i cittadini dell'Unione hanno gli stessi diritti, indipendentemente dalla loro origine, nazionalità, condizione sociale, dal loro credo religioso o orientamento sessuale. Già dal 1994, la Comunità Europea, infatti, ha emanato una risoluzione per la parità dei diritti dei gay e delle lesbiche.

Il Parlamento Europeo ha ribadito in più occasioni il suo orientamento a riguardo: nella Raccomandazione del 16 marzo 2000 sul rispetto dei diritti umani nell'Unione Europea, esso chiese agli Stati membri di "garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie e alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali".

In epoca più recente, la Risoluzione del 4 settembre 2003 sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione Europea, il Parlamento ha rinsaldato le sue posizioni. Oltre alla richiesta, già formulata, di favorire il riconoscimento delle coppie di fatto, eterosessuali od omosessuali, ha sollecitato gli Stati membri ad attuare il diritto al matrimonio e all'adozione di minori da parte di persone omosessuali.

Il Trattato di Lisbona, che recepisce la  Carta dei diritti fondamentali dell'UE, tanto voluto da noi ormai ci obbliga a fare delle scelte. L'art. 21, infatti, proibisce tutte le discriminazioni per orientamento sessuale.

La situazione Italiana non è molto cambiata dal 1988, ogni anno in parlamento sono state depositare PdL su questa materia. L’unico vero tentativo di portare a casa una legge è stato quello del GOV. PRODI, in particolare dalle ministre Bindi e Pollastrini con la proposta sui cosiddetti Dico.

Il grande limite della politica italiana è stato quello di affrontare questo tema in modo ideologico, non capendo che su questi temi l’ideologia c’entra poco, perché in realtà una legge che riconosce diritti a chi non ce li ha, è una legge che parla di Uguaglianza, Libertà, Giustizia, Dignità, Pluralismo, Tolleranza, Solidarietà, ma soprattutto di Piena Cittadinanza.  (non sono queste le parole d’ordine del Partito Democratico?)

Il PD che ha sempre affermato di volere essere l’unica forza politica che vuole unire il paese non può non affrontare questo tema con coraggio e orgoglio, rivendicando il suo naturale ruolo di forza principale del cambiamento. Quando era in discussione la legge sui DICO,  La presidente Rosy Bindi disse che il desiderio di  famiglia delle coppie omosex, andava preso sul serio, perché  CREAVA COESIONE SOCIALE. E questo deve essere il nostro principale obbiettivo: CREARE COESIONE SOCIALE all’interno del Paese.

Infatti, la normativa sulle unioni civili, non snatura l’istituzione del Matrimonio Eterosessuale. Anzi, lo amplia arrichisce e fortifica.

Fortifica quello che per tutti è il nucleo sociale motore della comunità: la famiglia.
Che dà stabilità all'individuo come alla società perché nasce innanzitutto  da una assunzione di responsabilità. E chi vuole questo riconoscimento giuridico vuole prima di tutto assumersi davanti alla legge  alla società ai suoi concittadini e al partner, una responsabilità.

La protezione data dallo Stato a questo tipo di organizzazione di vita in comune si deve alla convinzione che la società tutta abbia benefici dal fatto che le persone si uniscano in  coppie stabili e riconosciute.

Perché dunque lasciare fuori da questa opportunità di contribuire al bene di tutti un’intera categoria di persone? La società stessa ha interesse ad includerle.

Veniamo al merito

Alla luce della sentenza della Corte Costizionale 138 del 2010, è stata introdotto una novità assoluta nel nostro ordinamento giuridico

La Corte nella decisione n. 138 del 2010, per la prima volta è chiamata a pronunciarsi sulla natura della discriminazione fra coppie eterosessuali ed omosessuali; positiva per alcune affermazioni sui diritti delle coppie omosessuali; deludente, nel complesso, rispetto al quesito centrale: trovare una giustificazione ragionevole che impedisca in Italia, alla luce dei principi costituzionali, letti in modo evolutivo, a una persona omosessuale di suggellare la scelta del proprio compagno/a di “vita”, dello stesso sesso, con il vincolo del matrimonio.

E’ soprattutto con riguardo all’art. 2 della Costituzione, e cioè al profilo attinente alla tutela dei diritti fondamentali dell’individuo e, anche, delle formazioni sociali, che il Giudice costituzionale compie un passo avanti, anche coraggioso. La decisione non si limita a ratificare il diritto di ogni “individuo”, eterosessuale od omosessuale, a fare le proprie scelte, ma sancisce, in modo inequivocabile “il diritto fondamentale dell’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, a vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”.

La Corte, a questo punto, ritiene che la scelta in ordine ad una disciplina generale, realizzabile non soltanto con l’estensione dell’istituto matrimoniale, ma anche in modi diversi, sia di esclusiva spettanza del Parlamento. Parlamento cui la Corte rivolge un “monito”, a mio avviso, molto forte e non ignorabile: afferma infatti la Corte che l’aspirazione al riconoscimento giuridico della coppia omosessuale, tutelata direttamente dall’art. 2 “<span>necessariamente</span> postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia”.

Il monito è rafforzato laddove la Corte, nelle righe successive e a completamento del ragionamento sull’art. 2 Cost., avverte il Parlamento e le stesse coppie, che in ogni caso, rispetto a specifiche violazioni, è riservato uno spazio di intervento allo stesso Giudice costituzionale: “può accadere infatti che, in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte può garantire con il controllo di ragionevolezza’’.

Come e' evidente dal pronunciamento della Corte Costituzionale viene superata l'ipotesi del riconoscimento dei diritti dei singoli all'interno delle coppie, perché la Corte riconosce le coppie omosessuali e quindi i loro diritti. E' un passo avanti che fa chiarezza.

Stante il fatto che la Corte dice no al Matrimonio gay, anche se in modo ambiguo.

Stante il fatto che se di equiparazione di diritti si parla, la mia personale opinione è che quella dell'equiparazione del matrimonio dovrebbe essere la strada maestra.

Le opzioni, ad oggi restano  due:

(e questa per me e' gia' una mediazione)


-un istituto giuridico specifico per le coppie gay, sul modello tedesco e inglese delle Patnership

-un istituto giuridico a tutela di tutte le coppie di fatto, omosessuali e  eterosessuali, sul modello francese dei PACS.

A questo punto e in questa sede e' d'obbligo fare un bilancio serio sulla battaglia sui Dico che ci ha visti protagonisti, per poter reimpostare una battaglia nuova ed efficace: in quel dibattito e scontro politico il punto debole furono le preoccupazioni di una parte dell’opinione pubblica e di una parte del mondo cattolico nei confronti della istituzione di un "matrimonio di serie B" per le coppie eterosessuali.

A questo punto appare più efficace uscire dall’ambiguità, e da una seppur falsa polemica, e concentrarsi su un istituto giuridico specifico per le coppie omosessuali.

Naturalmente questo sara' argomento di discussione tra noi.

Nucleo di diritti ovvero i contenuti della legge:

-Riconoscimento della rilevanza giuridica e pubblicistica del rapporto tra due persone legate da comunione di vita materiale e spirituale che risulti da atto pubblico.

-Reciproco dovere d’assistenza materiale

-Regime patrimoniale e diritti successori

-Disciplina fiscale e previdenziale

- Reversibilità della pensione

-Acquisizione della cittadinanza italiana  per il partner straniero

-Assistenza sanitaria e penitenziaria

-Malattia e decisioni successive alla morte

-Responsabilità comune per i debiti contratti  dalla coppia

-Successione nel contratto di  locazione

-Risarcimento del danno causato dal fatto illecito cui è derivata la morte del convivente

- equiparazione in materia di diritto al lavoro in cui l'appartenenza ad un nucleo familiare sia titolo di preferenza per l'inserimento in graduatorie occupazionali o in categorie privilegiate di disoccupati

- militari e forze dell'ordine (esoneri, agevolazioni)

- accesso come nucleo familiare alle graduatorie riguardanti l'edilizia pubblica e servizi sociali


Appare evidente da questi punti che ho precedentemente esposto che una normativa a riguardo non e' una legge ideologica o demagogica,ma ha attinenza con la vita quotidiana delle persone, con i loro problemi concreti e i loro bisogni legittimi

Per concludere:

Oggi un giovane omosessuale non può aspirare a costruirsi un futuro familiare di stabilità nel nostro paese.

Quando parliamo di diritto al futuro per i giovani, non parliamo solo di stabilità a livello lavorativo. Noi del PD abbiamo il dovere di assicurare stabilità ad un progetto più complessivo come può essere quello di formarsi una famiglia.

Vogliamo essere davvero diversi dal centrodestra, da quel blocco conservatore che inibisce le energie positive della società?

Per fare questo il Partito Democratico deve assumersi la responsabilità di governare i cambiamenti: una legge sulle unioni civili si immette in un percorso che viene da lontano, quello dei diritti (diritto di voto alle donne, diritto di famiglia, lotta all’aborto clandestino, divorzio). Quel cammino, partendo da situazioni esistenti e cambiamenti reali della società, li regolamentava attraverso nuove leggi. Liberando energie nuove e positive, a favore e non contro qualcosa, quel cammino andava allora e va oggi verso il progresso.

Questa deve essere la grande ambizione del PD. Questo i cittadini si aspettano dal PD.

Paola Concia

Paola Concia

Abruzzese di nascita, mi sono laureata presso La Facoltà di Scienze Motorie de L'Aquila. Il mio impegno in politica ha avuto inizio negli anni ottanta nel Partito Comunista Italiano, poi nei Democratici di Sinistra e in seguito nel Pd, di cui attualmente sono membro della Direzione Nazionale.

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