Il mio articolo pubblicato oggi su Gli Altri: Immigrazione, quel documento è un’opportunità

Il mio articolo pubblicato oggi su Gli Altri: Immigrazione, quel documento è un’opportunità

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Immigrazione, quel documento è un’opportunità

di Anna Paola Concia, Deputata Pd

Care amiche, cari amici de Gli Altri,

conoscete bene la stima politica e umana che ho per voi: se una critica viene dal vostro giornale per me è una occasione di riflessione, non di scontro. Lo scontro lo fa chi è ideologico, settario, chi non ascolta, chi si sente sempre nel giusto. Queste categorie umane non appartengono né a voi né a me. Per queste e per molte altre ragioni rispondo all’editoriale della settimana scorsa “Amici del Pd, ritirate quel documento è schiavista” in cui si critica il documento presentato alla scorsa assemblea nazionale del Pd dell’8/9 ottobre scorso. E’ un documento firmato tra gli altri da Veltroni, Gentiloni, Maran, Touadì e anche dalla sottoscritta. Molti tra voi sono rimasti stupiti della mia firma, perché conoscono la mia storia e il fatto che nella battaglia contro ogni forma di discriminazione mi spendo quotidianamente. Come sapete bene che per me razzismo e omofobia sono la stessa cosa, figli di una stessa matrice: la paura, il pregiudizio, l’avversione per chi è diverso da noi. In quel documento si pone il problema di come governare l’immigrazione. Ecco una parola nuova per noi di sinistra “governare l’immigrazione”. Un merito mi sento di darlo a quel documento: ha fatto sì che dalle parti della sinistra ci si potesse interrogare e confrontare sul fenomeno dell’immigrazione sapendo che è un terreno delicatissimo che merita risposte nuove. E sono felice di esporvi le mie umilissime idee su come vedo il fenomeno e come a mio modestissimo parere bisognerebbe affrontarlo.

La critica forte che muovete al documento è nella parte che propone l’ammissione degli immigrati con un sistema a punti che garantisca l’ingresso a coloro “di cui la nostra società ha bisogno”. Mi pare esagerato affermare che “si voglia introdurre nuovi schiavi” perché vogliamo solo quelli che “ci servono” o di cui “la nostra società ha bisogno”. Possiamo discutere se il sistema a punti può essere un modo tutto ripiegato sulle esigenze di una società che ha cura solo del suo benessere e nient’altro. Ma da troppo tempo mi pongo una domanda: siamo  sicuri che è davvero generoso e solidale lasciar entrare chi vuole, per poi lasciarlo in balia del suo destino, chissenefrega se troverà lavoro, casa, relazioni sociali soddisfacenti, se capisce l’italiano, le sue leggi, le sue regole? Scontiamo davvero la nostra colpa, leniamo i sensi di colpa di una società capitalistica che affama i paesi poveri  lasciandoli entrare tutti, tanto poi “dio vede e provvede”.  Ecco, se posso essere sincera, mi sento in colpa ancora di più nel vederli buttati nelle strade, vederli incattiviti dalla povertà, sfruttati perché non conosco i loro diritti, vederli vivere in situazioni ai limiti, questo sì, dei più elementari diritti umani.

C’è una stretta correlazione tra la qualità dell’accoglienza e il governo dei flussi. E offende la mia etica democratica e solidale e di sinistra vedere grazie a questo e alle scellerate e razziste politiche della destra aumentare il razzismo e la xenofobia. E allora vorrei che la sinistra avesse il coraggio di rimboccarsi davvero le maniche (scusate la battuta ma ci sta) e guardare le paure, non aver paura di guardare la paura di chi è diverso, ma saperla governare, saperla sciogliere, saperla eliminare. La paura non si elimina alimentandola come fa la Lega, ma non si elimina neanche facendo finta che non esista. Per queste ragioni credo che proprio noi di sinistra dobbiamo costruire un altro modello di società affrontando senza censure quello che l’immigrazione comporta: in senso positivo e negativo. L’immigrazione è un processo strutturale delle nostre società, che si possa eliminare sono balle della Lega. Voglio una società in cui gli immigrati siano cittadini come tutti gli altri, abbiano stessi diritti e doveri. Perché la convivenza comporta diritti e doveri reciproci dei conviventi. E non è da razzisti pensare innanzitutto a creare le condizioni per la loro integrazione. Il primo passo è l’insegnamento della lingua, come avviene in Germania. Dobbiamo rendere obbligatorio e gratuito lo studio dell’Italiano. Qualcuno di voi mi ha detto che è una costrizione, che non li possiamo obbligare. Ma il primo passo per capirsi deve essere una assunzione di responsabilità reciproca. Io mi faccio carico di fornirti gratuitamente l’insegnamento, tu ti fai carico di imparare. Che c’è di razzista nel fornire strumenti culturali? Non danno più opportunità di lavoro? Sono profondamente convinta che i problemi dell’immigrazione si debbano affrontare con lucidità e rispetto, ma chiedendo ai cittadini immigrati lo stesso rispetto.

Scontato quello che penso sulla cittadinanza e sul voto: sono due strumenti fondamentali per la piena integrazione. Come scontato vedo  il diritto di asilo a chi rischia di morire nei paesi di origine. Mi interessa di più con voi affrontare la relazione tra diversi, il bello e il brutto di una relazione tra culture diverse. Questo stesso dibattito è in corso in Germania in questi giorni, e udite, stanno pensando di introdurre il sistema a punti: l’Spd non è contrario. Si stanno confrontando certo, cercando soluzioni migliori per tutti, tedeschi e immigrati. La Merkel ha dichiarato che il modello “multi Kulti” ha fallito: perché ha paura delle spinte xenofobe e vuole rilanciare sull’integrazione. Come darle torto? Da noi il dibattito tra destra e sinistra è ideologico anche sull’immigrazione, come sugli omosessuali. Tra razzisti e buonisti. Credo che ci sia una terza via, che è quella di una sinistra moderna che vuole davvero convivere e costruire una Italia migliore anche con gli immigrati. Ma bisogna scrollarsi di dosso sia paure che sensi di colpa, perché con quelli non si fa il bene di nessuno. Gennaro Migliore ha rimproverato il documento dove dice che «venire in Italia è una opportunità, non un diritto».  Mi vengono in mente i nostri figli che emigrano all’estero per avere delle opportunità: ne conosco tanti, uno ce l’ho in famiglia. Lì dove vanno, America, Spagna, Inghilterra, Francia, hanno dei doveri da rispettare e nessuno di noi si scandalizza. E’ normale. So bene che gli uomini e le donne che arrivano qui non sono come i nostri figli: ma è per questo che abbiamo il dovere di dare loro più strumenti per potersi integrare, non meno. Per non sfruttarli dobbiamo renderli partecipi della costruzione della nostra società e chiedere loro di parteciparvi.

Chiedere loro di fare dei passi verso l’integrazione non lo trovo razzista: è un passo importante verso una convivenza duratura tra pari, quella che sconfigge razzismo e xenofobia. E infine, come dice Sandro Gozi «l’immigrazione ingigantisce le debolezze strutturali della società italiana. Scarsa coesione sociale, assenza di senso civico, violazione quotidiana della legalità. Difetti che gli immigrati, qualificati o meno, imitano subito…». E allora forse siamo noi i cattivi maestri. Diventiamo noi buoni esempi. Può essere l’occasione per rendere migliore questo paese.

Paola Concia

Paola Concia

Abruzzese di nascita, mi sono laureata presso La Facoltà di Scienze Motorie de L'Aquila. Il mio impegno in politica ha avuto inizio negli anni ottanta nel Partito Comunista Italiano, poi nei Democratici di Sinistra e in seguito nel Pd, di cui attualmente sono membro della Direzione Nazionale.

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